domenica 19 agosto 2018

non ci abbandonare nella tentazione

(messaggio dal cielo) - 



Cosa chiediamo nella preghiera del padre nostro 

Non ci abbandonare nella tentazione

"si traduce in questo modo perché questo è il senso che più conviene dal punto di vista teologico e pastorale, secondo l’aureo principio dell’analogia fidei."



“sarebbe assurdo chiedere a Dio di dispensarci dalle prove che ci fanno crescere e fortificare nella fede” (p. 254).

Ma l’arbitrarietà è sempre dietro l’angolo: dopo aver ricordato che “la TOB ha provveduto a correggere - dopo parecchie proteste – la prima traduzione, ‘non sottometterci’, con ‘non esporci alla tentazione’”, aggiunge: “Io preciserei ancora: ‘non lasciarci esposti nella tentazione’”.



Naturalmente non si fornisce alcun argomento filologico per motivare la “precisazione”. Supplisce la sollecitudine pastorale:

“I figli ‘esposti’, una volta, erano i bambini che venivano abbandonati alla pietà altrui. Il senso più ovvio della petizione sembra essere proprio questo: chiediamo di non essere lasciati soli”.


Il volume del Pontefice dedicato a “Gesù di Nazaret”; nel quale, sempre per una felicissima combinazione, Benedetto XVI analizza proprio il “Padre nostro”, dedicando alla famigerata “sesta petizione” oltre quattro pagine.

In queste pagine possiamo andare a cercare la risposta – la più autorevole che si possa desiderare – a tutti i nostri dubbi ...

Se tu decidi di sottopormi a queste prove, […] non tracciare troppo ampi i confini entro i quali posso essere tentato, e siimi vicino con la tua mano protettrice quando la prova diventa troppo ardua per me


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